Dopo più di due anni oggi ho sentito l’incontenibile desiderio di correre, di riprendere il mio corpo in mano, di rimettermi in cammino… come se i miei piedi, ancorati in profondità dalle radici profonde e nodose della maternità, dolcemente si fossero liberati, li ho sentiti leggeri, e così, senza pensarci troppo ci siamo trovati tra la terra e cielo, con il cuore in gola e la gioia di sentire di nuovo quella fatica che riempie, il tuo corpo che risponde, il tuo corpo che è sempre stato lì, che ti ha aspettata … desiderata .. e che alla fine suda e batte con te e con tutti i tuoi pensieri.
Meraviglia.
Diventare madre, offrendosi completamente all’umano che arriva, sconvolge, ribalta, soffoca, reprime e costringe ad un amore che toglie il respiro.
Correre, correre via da lei, dai suoi baci, dal suo odore per stare con me, con il mio corpo, in questo momento così forte e difficile della mia vita, davanti ad una nuova porta ancora da aprire, in questa terra magica, mi ha nutrita terribilmente.
Correre su questa terra non è facile, questa terra che ti ama e ti odia, questa terra che ami e che odi, questa madre che ti scuote, che ti ferisce e che ti cura, che ti riempie il naso di profumi che cercherai ovunque quando non sarete assieme, un vento che distrugge e una terra che costruisce, un mare che inonda e un fuoco che lenisce.
Questa terra non perdona, è prepotente e superba, questo luogo ci ha fatti innamorare e poi ci ha abbandonati, ci ha fatto ridere e piangere, ci ha legati e poi separati, disperdendoci nel suo vento.
La strada che mi sta di fronte la conosco bene, e mi riempie la mente di ricordi, ricordi di un tempo vicino e lontano, vite incrociate su questa striscia di terra, angoli con un nome e un respiro.
E’ in salita, neanche a dirlo, è tanto ripida da pensare di rinunciare, ma le gambe vogliono ripercorrerla tutta. E come in un film mi scorrono nella mente immagini e persone, che mi spingono verso il mio posto, è lì che mi vogliono incontrare!
Manca l’aria, ma le sento tutte quelle anime, dentro di me, una Me ritrovata dopo così tanto tempo.
Quei gradini piccoli e fatti di roccia mi portano in cima, e li finalmente ci sono io, ci sono i miei sogni infranti, ci sono i miei traguardi, ci sono le mie bugie e le mie verità, ci sono i segreti, ci sono le amiche ora lontane, le risate e i sogni conservati nel buio delle nostre notti stellate, nel fumo caldo delle Lucky Strike, nel vento che scompiglia i capelli ancora bagnati. Ci sono gli uomini della mia vita, gli amori arrivati troppo presto o troppo tardi, o proprio quando oramai non si poteva più… i compagni di una vita che non non è partita mai, le mie “sliding doors”. C’è lui, con i suoi occhi celesti, come il mare che se lo è portato via, il suo sorriso come una scintilla mi ricorda il bacio di un arrivederci che non c’è mai stato. Ci sono le lacrime di chi scopre a sedici anni quanto preziosa e crudele sia la vita. C’è la consapevolezza di avere ricevuto un regalo, la gratitudine verso l’universo che mi ha permesso di trovarmi ancora in piedi nel vento, il maestrale soffia forte mentre ringrazio ogni parte di questo mio mondo silenzioso.
Da qua non si vede la fine. Sono dovunque. Sono assieme a tutte le persone della mia vita, a quelle che si sono fermate e a quelle che non sono restate. Quelle che ho amato e quelle che amo ancora nonostante non possa più pronunciarne il nome.
C’è il compagno della mia vita, quello che è arrivato per restare, quello che ha promesso di non andare più via, ci sono i miei figli, tre creature complicate, che mi hanno dilaniata e ricostruita. Ci sono le mie ali e le mie catene, c’è il mio passato e il mio presente.
C’è un albero, c’è sempre un albero, resta basso per proteggersi dal vento, non ha molte foglie, ma conserva il nostro segreto desiderio di immortalità, quando sei troppo giovane per accettare che una vita si spenga, riponi in lui la folle pretesa di non doverti piegare, nemmeno alla morte. Lui sta lì. Non ci vuole deludere, e ogni volta che salgo fin qui trovo il tappo di una “birretta”, la cenere di una sigaretta, lacci sui suoi rami, fiori secchi e segni del passaggio di altre anime come me, cuori che non si voglio rassegnare, non importa quanto sia passato, non importa se il dolore è svanito, non importa se non riusciamo a ricordare più il suo sorriso, questo piccolo arroccato ammasso di pietre chiama chi ancora riesce a sentire.
E così mi rimetto in cammino, consapevole di essermi ritrovata, di aver ritrovato tutti voi, proprio all’inizio di questa mia nuova storia, che mi porterà lontana, e che mi farà perdere ancora.
Mi sono chiesta tante volte nell’ultimo mese come iniziare, quale doveva essere il principio di questo mio progetto, ed oggi, in una notte di fine luglio è arrivato, non c’è uno schema, non c’è conclusione o fine, ci sono le parole che sentivo di dover fermare, c’è un inizio… che parte da me.
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